Archive for Maggio, 2014

ma quel che è certo

è che voi, forse, vorreste essere me,

ma io, senza dubbio, non vorrei essere (come) voi.

quell’armonia di fondo, sciambrottata,

persiste, e vi resiste.

checché possiate dire, fare, dirmi e farmi.

sceneggiature del sognare, gli amici buoni, pane,

che m’offrono le case, che m’offrono il sostegno,

anna karenina e farm heroes saga,

recarsi al cinema da sola,

tentar di contrastare il tarso nel profondo,

sacchetto di ciliege,

il profumo del bosco nell’altro giorno in vespa,

le mie api, il mio gatto,

il glicine che invade,

il conto alla rovescia,

son venti settimane, son cento giorni all’alba.

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ieri, l’inizio di una nuova scatola

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cfr. Varenka

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la fine della scatola

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io credo nell’amore,
è lui che non crede in me

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ti penso meno

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forse non lo sai ma pure questo è amore

forse non lo sai

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penso che l’amicizia è pure questo

dirsi cose terribili che penso saranno superate

smocciare sull’iphone urlettare svariati diocane

mezzo paese sente ovvero almeno sei persone

passerà, passerà, domattina avrò gli occhi boddicchi,

fumo e guardo le luci dei paesi

sedata e inebetita dalle mie grida e i pianti

passerà, passerà,

forse non lo sai ma pure questo è amore,

non risponderti mai più,

sperare tu mi chiami per poterti non rispondere

ma sapendo che mi pensi

e non sentirti più, e non guardarti gli occhi,

la macchiolina su pupilla

non vederla, mai, più.

se ti incontrassi, ti guarderei attraverso.

forse non lo sai ma pure questo è amore

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oppure sì

oppure sì

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alla fin fine il mio culo mutandato in pavimento marmato

formicolo comme d’habitude iperventilatrice

nella cornetta comme d’habitude supplico un’ultima l’ultima parola

alla fin fine la voce fuori campo aspra della proprietaria

il clic in faccia si fa déclic

la schedasim nuova mi toglierà il problema.

è che nemmeno riesco più a pensarci

non sento niente niente, non sento NIENTE.

due giorni dopo uno pseudofattaccio coinvolge l’amica

sapervi fare cose che avrei voluto fare io

alla fin fine con proposta di fare al posto mio

una cosa mia, a cui tenevo parecchietto,

stamani grido alla cornetta non ti perdonerò mai

ma la perdono si suppone, le annacquo le piantine domattina,

ma che frattura, più che esposta, la donna cicatrice,

la donna muco, cammino per sei ore in sfinimento,

tra bosco e mare palmaria tino e tinetto,

in autostrada m’abbocca il primo mio colpodisonno

alle sei mezzo pomeriggio,

ma tutto passa, pure questo.

per te, non sento niente più, adesso vecchia schedasim,

tu mi sei morto parecchietto, non mi sei neanche mai esistito.

entrante in montemarcello, diventa casa, lo sapevo,

la gente gentile, la gente meno, la gente sola e strana,

mi manda su sentiero ee escursionista esperta, al rischio della morte,

o di superazione, perdono mai, perdono più,

se salto staccionata d’orto botanico elettrificato,

diciamo è stata una buona giornata.

stamani nove e dieci già due discussioni,

mi aumentano l’affitto e forse diparto,

diparto per sempre, ci sono cose che paiono importanti,

eppure finiscono sfiniscono difficili persino a rammentare

t’ho amato un anno intero e qui ho vissuto quindicianni,

suvvia dipana la manina e lascia andare.

via senza uscita, oppure sì.

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ma

ma è anche vero che si sono verificati atti di straordinaria dolcezza

[Qualcosa è cambiato,

il film,

voglio dire]

 

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partire con la scarpa sbagliata

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