Archive for aprile, 2011

la molta nostalgia della città di montepertuso

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Pomeriggio

è pomeriggio

perché non dovrebbe esserlo

che lo sia tranquillamente

comunque non sa fare nient’altro

[marian palla]

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pensavo
non ho più tempo di legger libri
così leggo persone, molte, ogni giorno,
con convinzione mia di riuscire a leggerle,
tranne quell'una, ovviamente,
tutte quelle persone, tutti i giorni,
coppie scoppiate con bambini bellissimi, davvero,
anziani per la mano gente oscenamente vestita e pensante
e volgare che fa le foto a stalattiti con l'iphone
che odio perché non deambula come dovrebbe avviandosi all'uscita
indugia si ferma fa mille foto che nemmeno guarderà
per farne cosa per sentir cosa per trattenere, cosa?
poi ci sono quelli gentili e/o forbiti quelli che toccano
e non si deve e io l'ho detto giusto prima dell'entrata
però io li leggo tutti, tranne i libri, che continuo a comprare
e pesano sulla cartasì a quanto pare, quasi ottocento euro,
ecco svelato il residuo, sui sessanta euro,
pare che spenda quello che ancora non guadagno
ma non m'importa, ovviamente.
stanotte dopo aver vomitato stringevo kaloo come non facevo da tempo.
iersera alle dieci stavo sottocoperta col cuore impazzito
pensando di morire d'infarto, ovviamente,
riflettendo, come sempre, sul fatto che non ciuccio più la lingua
come segno di tenerezza, di mio intenerimento,
facendo il conto che su una decina di persone, lassù,
io sono l'unica che non ha figli e/o compagno,
ovviamente domandandomi il perché.
poi stamani ho pensato che a metter tutta la dolcezza dentro al frigorifero
le formiche non arrivano più, ovviamente,
neanche se manco da casa per giorni,
ma le cose, pure, non son più così buone,
dolcezza raffreddata non rende non rinviene
in quanto estratta solo nel tempo di colazione, che è breve,
poi pensavo che la parte incastrata che tenevo a salvare,
non andava più avanti né indietro, e fottuta fotteva
marcescente ovviamente,
così si è dovuto, mi pare, spolpare la polpa, dopo avere inciso e spellato,
e dopo il muscolo, la polpa, dicevo,
cartilagini e spezzare l'osso o meglio seghettarlo con tempo e con strazio e fatica
ma poi ho lasciato lì, quel che mancava, quel che restava nell'incastro,
a rinsecchire a suppurare, e mi son tenuta il moncherino, è rimasto,
e come sempre accade si allucina la parte mancante che tuttora duole, ovviamente,
ma immagino dovessi liberarmi, era tempo,
non so almeno per andare a lavorare, la mattina, o la domenica con un più trenta per cento
pasqua pasquina e pasquetta
che tanto sarei stata da sola, ovviamente, o coi parenti dei parenti,
che nemmeno mi invitavano, alle volte
e se, e solo se, perché ero presenza dovuta, ovviamente,
così quest'anno che lavoro sarà meglio per tutti, per me che faccio un più trenta per cento,
nella busta che non è una busta vera, ovviamente, sebbene io lo pensassi.
la busta stava in una busta, però, e stamani ho cambiato l'assegno
per sopperire a quei sessanta euro di stamani
un centone che m'ha mandato sotto, ovviamente,
per via del saldo contabile, ma che importa,
che ci ho comprato le cingomme e sigarette,
poi stasera ci ceniamo e ci vediamo quel moretti,
con gioia, dopo le mille lavatrici che ho da fare,
mentre i panni li porto a stirare a tereglio, ovviamente,
poiché mercoledì e giovedì di nuovo in giri e poi il lavoro,
e poi da sola la sera, e ovviamente.

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vomitare la notte, verbo transitivo, ovviamente.
bevendo molta acqua, però, prima, così finisce in cascata, pur sempre acida,
mi faccio idrovora, al contrario.
67 euro sul mio conto, incontinente.
m,m,m,h, dove li ho spesi?
devo uscire, ma adesso, proprio, per acquistare zigaretten.
zu rauchen, wunderbar.

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amomi

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pesc'abile

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un gabbiano d.o.c.g.

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On doit avoir pitié des uns et des autres,
mais on doit avoir pour les uns une pitié
qui naît de tendresse, et pour les autres
une pitié qui naît du mépris.

(le très sage)
blaise pascal

mépris, c'est ça, poiché
si è esausta tenerezza.
mi fa strano, molto strano.
retroattivamente è tutto cancellato, mai successo,
mai mi son sprecata tanto, in lacrimale ed altri succhi,
è molto strano.
niente più risuona, se leggo, o se rileggo,
molto indietro, solo stucca, sdegna, annoia,
solo un grande sbadiglio, che barba, che spreco, du' palle.
niente più porto in seno, nella parte sinistra del cuore,
del cuore sinistro, che noia.
ti porterei dove finisce il mare,
disse quello,
dove finisce il male, dico io,
avrei mani per tenerti,
a me dispiace,
non esisti, bello mio, neanche bello, neanche mio,
io m'annoio, ma sto bene,
passo il passo del vestito, dopo massa,
che passai con mario in moto,
una domenica negli anni novanta,
dove persino mi credevo incinta,
in ristorante che non esiste più,
lì vedemmo una bambina molto rosa,
quasi quasi ci sperai.
non esiste il ristorante, più, nemmeno mario, esiste,
era qualcuno che m'amava, molto, e che ho amato,
anche se strappai il nostro orto, lo diserbai con mani,
perché lui fumava l'erba che mio fratello m'aveva regalato.
eh sì bei tempi quelli, che tenevo la macchina piena delle mie cose
che tenevo in bauliera il videoregistratore
poiché litigavamo, sempre, e io tornavo a casa, ma per finta,
perché m'amava ma io ero troppo piccina, al momento,
un giorno abbiamo dato fuoco al divano, per sbaglio,
bei tempi, che campavo di fanta e di schiaccia,
che il soffitto era dipinto di giallo e facevamo l'amore con lo yogurt,
persino, mi svegliava col tocco tornando da un post ferramenta, che tempi,
stavo male e piangevo ma andavo alla posta e andrea aveva scritto
e saltellavo felice davanti alla posta, che tempi.
erano gli anni novanta e io scappavo fuori in una cabina
con mani piene di spicci parlavo con stivi, che tempi.
mi trascinò fuori di casa, alle cinque di mattina, mario dico,
mi trascinò per terra nelle offese, mi cacciò,
e io cambiai cabina, stavo in barga, e gli telefonai,
c'era il telefono di casa, non esisteva, il cellulare,
avevamo il telefono blu swatch con il messaggio registrato
dal nostro amico peter della scozia,
e io gli dicevo adesso vado dai carabinieri,
se ti telefono è perché tu tolga l'erba,
poiché ero giovane e tigre, ma pur sempre corretta,
già attenta, materna, adesso ti denuncio, ma tu nascondi l'erba.
che tempi, che donna, mi ammalavo sul divano senza i soldi
per medicine o per dottori, facevamo le spese al discount,
che dunque già esisteva, a casa sul divano mi diceva coccoline?
e io dicevo sempre sì e facevamo l'amore sul divano
davanti alla finestra col vetro oscurato,
e lui aveva costruito libreria, con le manine sante,
col ferro e con il legno.
che uomo, che mi insegnò persino a tagliare le patate,
e mi diceva ma che facce buffe fai quando fai le cose
che smorfie fai, e rideva, perché facevo fatica,
borghese piccola piccina picciò,
così mi fece nascere, e mi chiamò pulcetta.
che tempi.

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a me bellissima che torno la notte è offerta dalla signora ingeborg bachmannnn

Sono scomparse le mie poesie.
Le cerco in tutti gli angoli della stanza.
Per il dolore non so come si scriva
un dolore, non so in assoluto più nulla.

So che non si può cianciare così,
dev'essere più piccante, una pepata metafora.
dovrebbe venire in mente. Ma con il coltello nella schiena.

Parlo e taccio, parlo, cerco scampo in un idioma
in cui compare persino lo spagnolo, los toros y
las planetas, forse si può ancora sentire
su un vecchio disco rubato. Funziona anche
con un po' di francese, tu es mon amour depuis si longtemps.

Adieu, belle parole, con le vostre promesse.
Perché mi avete abbandonata? Eravate a disagio?
Vi ho dato in custodia a un cuore, di pietra.
Fate per me lì, resistete lì, fate per me lì un'opera

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senza un titolo

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portofino lato non suricato

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io, hemingway, castello brown in portofino

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parola isofago nel dormisveglia, m'ha svegliato.
stasera torno a casa. sarebbe bello andare con colleghe a sto jazz club
ma penso sarò in pezzi. e domani c'è un weekend che va a arrivare.
niente, pare che sia mattina nuvola, dopo rapallo e santa margherita e portofino e sestri,
oggi mi sa moneglia deiva marina framura e i campeggi.
conosco la liguria.
un po' di ruzze e di voglia di sfogarmi
di defatigazione.
la colazione all'hotel aurora è miserella
fammi arrivare i baci in bocca

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splendido (dentro)

splendido

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suricati rosa shocking in portofino

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ho problemi coi terrazzi con cose, sono che, sono vite che, sono altrui.
mai, più, avrò uomini che scrivono nei coi pei blog.
questo è un poco che so.
magari sarà motociclista magari dell'emilia che ne so
magari con la bmw ma molto vecchia
chissà se motoguzzi, o, pure un'honda
si valuta una vespa ma lo scooter proprio no.
un'altra cosa che mi fa soffrire è il suono del messaggio dei telefoni samsung
poiché ebbi un samsung, rosa antico.
se avrò i soldi, se ne avremo, allo splendido, lo porto, oppur mi porta,
facciamo tanto per cambiare, che mi porta, come un vassoio, mi porta,
come in quel libro, la suite allo splendido viene 4513 euro, facciamo che una doppia va bene,
sono stata allo splendido, e tu? all'eighty room, ai due mari, ai castelli, ma tu?
se avrò un uomo, mai più, sarà di molto risolto, è nel poco che so.
sarà,
solidissimo.
tenero e tenebroso, senza impicci senza inganni
uno che gli fa schifo dir bugie no no neanche ne sente il bisogno
è così bella la realtà, a portofino ci sono i suricati rosa shocking, tu pensa,
avrò quest'uomo solido e risolto, a tratti vi nidificherò, non s'allontani mai,
giusto per farmi la voglia, la bocca bella, non fina, non gli occhi piccini, magari,
limpido, lo voglio, risolto, che ride, con gli occhi, paterno,
superiore cinque stelle lusso, dentro, più da bosco, che riviera,
poi che gli va di viaggiare poi che capisce, che sa, magari neanche ha studiato,
non cita, a me va bene lo stesso.
meravigliosa cena al polpo mario.
sestri è perla ascosa (ascosa?ascosa?ascosa?)
perché mi molce il cuore? passerà. come i telefoni samsung, quel suono,
come i terrazzi delle famiglie felici che spostano le cose sui terrazzi per via dell'abbondanza delle cose,
nella vita, sempre loro, poiché s'aspettano la sera mentre io cerco un sola stella
che non trovo.

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la parola amore

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se questo è un uomo

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lignea

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scarpe favolose.

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